lunedì 28 maggio 2007

Il sinistro delle Torri Gemelle: sei anni dopo.






Allianz Global Risks, Travelers Companies, Zurich American, Swiss Re, Employers Insurance, Industrial Risk Insurers and Royal Indemnity.
Sono queste le compagnie di assicurazioni coinvolte nella pratica di risarcimento relativa al sinistro, o sarebbe meglio dire sinistri, determinato dall'attacco terroristico alle torri gemelle di New York, del 11 settembre 2001.
Sono trascorsi quasi sei anni da quella data, rimasta indelebilmente impressa nella memoria di tutto il pianeta.
Ogni assicuratore ha visto realizzarsi una eventualità che era ampiamente disegnata e contenuta negli scenari di danno possibile, catalogabile, clausolata e assicurabile come "terrorismo" da quasi quarant'anni nei contratti di assicurazione di tutto il mondo. Nessuno però avrebbe potuto ragionevolmente immaginare questa modalità e dinamica di realizzazione e soprattutto il tremendo sacrificio di vite umane che ne derivò.
Nel ricordare come se fosse oggi quel giorno, e quelle immagini viste in diretta dal mio ufficio di allora, provo ancora la stessa sensazione di sgomento e impotenza che ogni essere umano prova quando assiste a catastrofi e dolore verso i quali non può intervenire, e tutto diventa ancor più tremendo quando a fare tutto questo sono altri uomini, che antepongono le proprie ideologie al rispetto degli altri, senza distinzione per chi non è responsabile di alcunchè, se non di essere in quel posto e in quel momento, che altri hanno deciso fosse l'ultimo della vita.
Chi ha visto "ground zero" non può non aver colto come anche in questa circostanza non esista memoria più forte del vuoto, del "adesso non c'è più", nell'essere capace di sottolineare quello che è stato distrutto. Personalmente avrei proprio lasciato i segni che vediamo oggi come distintivi della storia.

Ma in assicurazioni non ci sono emozioni, come forse è giusto che sia, ma clausole da rispettare e eventualmente interpretare, e somme da liquidare.

Ho voluto citare nei post che precedono le diverse testate giornalistiche che hanno dato, con modi e toni diversi, risalto alla notizia dell'avvenuto accordo, che chiude anni di diatribe e spese legali, nate soprattutto sulle diverse interpretazioni di sinistro applicabili.Sostanzialmente il disaccordo di partenza divergeva sul fatto che si trattasse di un singolo sinistro oppure di due, quanti sono stati gli attacchi. Differenze non di sofisma interpretativo, bensì sostanziato da applicazioni separate o cumulate di franchigie e limiti di risarcimento.

Ma come sempre dove le clausole non esprimono autonomia contrattuale propria e univoca intervengono gli antagonismi legali e le necessarie mediazioni.
I termini dell'intesa prevedono che le sette compagnie trascinate in tribunale da Silverstein, proprietario degli immobili, versino una ulteriore somma di 2,1 miliardi di dollari, portando il totale dei risarcimenti a 4,5 miliardi di dollari, dei quali le compagnie hanno finora provveduto a corrispondere circa il 50%. Una cifra che è a sua volta grossomodo la metà di quanto servirà per ricostruire sull'area distrutta.

Naturalmente stiamo parlando dei risarcimenti per i danni materiali e non degli indennizzi alle vittime.

E' stato quindi possibile, attraverso gli accordi raggiunti, evitare che danaro pubblico fosse necessario per finanziare la ricostruzione di quello che era considerato uno dei templi e simboli della finanza mondiale e che nel suo essere nuovo e diverso non potrà non essere considerato come un sacrario dei sogni e presunzioni degli uomini, ammonendo per sempre gli altri, quelli che verranno dopo di noi, che non esistono limiti per i malvagi e protezioni sufficienti e programmabili per i cosiddetti "buoni".

Almeno in questa occasione le assicurazioni hanno anche assolto a quel necessario protagonismo sociale al quale ogni attività economica dovrebbe essere chiamata a partecipare.